Ecco un’anteprima del romanzo in esclusiva per te! 

 

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Prologo

Gasparo e il suo Gatto

 

«Che cos’è il cielo?».
Gasparo è un bimbo sveglio, allegro e un po’ basso, coi capelli biondi. Al suo fianco c’è un gatto rosso a strisce bianche, che sa parlare.
«Oh, mio piccolo, sapessi! Eppure io la risposta la conosco!».
«Tu sai rispondermi? Incredibile!».

teo-1Il gatto si scrolla e non dà retta a una mosca che gli ronza intorno: «Certo! I gatti sanno sempre tutto».
Gasparo sospira, dimostrandosi molto saggio.
«Nessuno sa tutto, gattino mio. Quando mamma e papà ti hanno adottato eri più piccolo di me!».
Il micio si scuote di nuovo e raddrizza la coda, risentito.
«Ma i gatti imparano prima degli umani. Tuttavia devo ammettere che hai ragione… forse la mia risposta non è quella giusta».
Leopoldo, così si chiama il gatto, sembra ora un po’ triste. Gasparo lo guarda intenerito.
«Oh, Leopoldo, ma io voglio sentirla la tua risposta!».
Il gatto, risollevato, si erge in tutta la sua postura e sfoggia il suo pelo lungo e rosso.

«Il cielo è ciò che ci sta non solo sulla testa ma anche attorno!» esclama poi, profondamente soddisfatto.
Gasparo rimane interdetto.
«Leopoldo, ma questo è ovvio!».
Il bambino sembra deluso e Leopoldo si sdraia al sole, guardando in su.
«Già, ma cos’altro potrebbe essere, altrimenti? Io lassù non ci so arrivare, so solo spiegarmelo dalla terra dove vivo. Magari dovresti chiedere ai gabbiani, o a qualcuno che abbia più esperienza di me!» conclude Leopoldo, serafico.
Gasparo non ribatte ma si guarda intorno.
«Già, hai ragione. Aspetterò che arrivi chi me lo saprà dire».
Il gatto lo guarda fisso.
«Ricordati che chi aspetta, poco ottiene. Cerca anche tu, mentre questo essere cerca te».
Gasparo ha il faccino perplesso.
«E quale essere dovrei cercare? Che forma dovrebbe avere?».
Il gatto si rigira, al sole.
«Non lo so, piccolo mio. Ma ho sentito dire che…».
«Che…?» chiede Gasparo curiosissimo.
Leopoldo lo guarda e sorride.
«Che pare ci sia una pulce che vuole vedere il mondo. Se così fosse, immagino che lei te lo saprebbe anche raccontare. O no?».
Gasparo assume uno sguardo rapito. Lui ha cinque anni ma ora sa chi desidera attendere.
Quella pulce.
Che, forse, saprà anche dargli la risposta che tanto aspetta: che cos’è veramente il cielo.

 

 

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La Pulce che voleva vedere il mondo

Teo

 

In una terra lontana e sconosciuta rispetto a quella di Gasparo, molto più a sud e vicino a una radura selvaggia, c’era una piccola tana dove una curiosa famiglia stava mangiando.
La mamma pulce, indaffarata con gli antipasti, amava cucinare, e sfornava sempre moltissime delizie per i suoi tantissimi figli, che erano in tutto nove.

teo-Il più piccolo dei fratellini si chiamava Teo, un nome semplice, senza pretese, ma che nascondeva un grande cuore e un indomito coraggio.
«Teo, perché non hai fame questa sera?» gli chiese mamma pulce, preoccupata che il suo sformato di ciliegie e bacche selvatiche fosse riuscito male.
Teo sollevò la testolina dal piatto e poi la chinò di nuovo, tentando di nascondere alla mamma che cosa provava.
«Non ti preoccupare, mamma, ho solo un po’ sonno».
Mamma pulce intanto si era già distratta perché Ileana, una delle sorelle pulci più grandi, aveva richiamato l’attenzione rovesciando l’acqua sulla tavola.
Finita la cena, Teo si avviò fuori dalla piccola tana scavata nel terriccio e si mise a osservare le stelle.

Ma mamma pulce non si era dimenticata di lui e della sua tristezza, e presto lo raggiunse.
«Tesoro mio, cosa guardi?».
Teo abbandonò per un attimo le stelle e fissò la sua mamma.
«Oh, mammina, io vi voglio un gran bene!».
«Lo sappiamo Teo, però io sono preoccupata: è da un po’ di giorni che hai perso il tuo sorriso e sembri diverso. Cosa ti succede?». Gli occhietti della piccola pulce si inumidirono.
«Mamma, io con voi sto bene, ma non sono felice!».
Mamma pulce si rattristò.
«E cosa desidereresti per essere felice, Teo? Sei ancora così piccolo!».
«Eppure, per quanto giovane, io so bene cosa vorrei» Teo alzò di nuovo gli occhi a guardar le stelle «vorrei vedere il mondo!».
«Vedere il mondo?!» esclamò mamma pulce sconvolta «Ma noi vediamo già tutto da qui! Guardati attorno: ci sono le foglie, gli alberi, il sole, la natura, il cielo!».
Teo fissò intensamente la sua mamma.
«Sì, ma da qui io vedo solo un’angolatura! E poi il cielo non si vede affatto…» terminò chinando il capo, tristemente.
«Beh, bisognerebbe volare per vederlo dall’alto, io lo capisco, ma noi siamo pulci, Teo, e non uccelli!».
Tuttavia mamma pulce aveva compreso che nulla lo avrebbe convinto, se non l’esperienza fatta sulle proprie ossa.
«Teo, piccolo mio, lo sai che ci sono tanti pericoli là fuori, vero?».
«Sì mamma, ma imparerò a cavarmela! E se non ci riuscirò, sarò contento di quello che sarò riuscito a conoscere fino a quel momento. Ti prometto che, se sentirò di non farcela, tornerò indietro, e aspetterò ancora qualche anno».
Mamma pulce era rattristata, ma anche fierissima di quel figlio così piccolo e già così esploratore. Strinse il suo Teo con tutte le zampe che aveva.
«E va bene, figliolo. Se mi prometti che farai attenzione, ti do il permesso di partire per le tue scoperte. Sii prudente e non ti scordare di noi, che aspetteremo il tuo ritorno nella tana dove sei nato e cresciuto!».
Il cucciolo di pulce chiuse gli occhi e con le zampette abbracciò a sua volta la cara mamma. Ora era di nuovo felice.
E anche un po’ spaventato! Ma felicissimo ed elettrizzato, perché avrebbe dovuto utilizzare tutto il suo coraggio per affrontare i mille pericoli del mondo per la prima volta da solo.

Teo trascorse una notte agitata. Non riuscì a prender sonno, perché l’eccitazione dell’avventura che lo attendeva era troppo grande. Neanche mamma pulce si addormentò: trascorse tutta la notte a preparare qualche provvista di cibo per il suo cucciolo che la lasciava. Poi pulì a fondo tutta la cucina da lei così amata, in modo che il suo piccolo, l’indomani, avesse un bel ricordo del luogo dove era cresciuto, così in fretta, in compagnia di tutti i suoi fratellini. Infine, si sedette su uno sgabellino ad attendere l’alba e pianse anche un po’.

teo-3La mattina seguente tutti gli otto fratellini erano in fila indiana fuori dalla tana per salutare Teo. Le sorelle pulci più grandi lo guardavano con rispetto e un po’ di preoccupazione, visto che sembrava loro impossibile che proprio il più piccolo della famiglia si avventurasse nel mondo esterno. Teo, dopo aver fatto una scorpacciata di torta al cioccolato preparata dalla mamma, guardò con nostalgia quella amata cucina dove lei era sempre all’opera e che sembrava splendere, irradiata dalla luce mattutina. Dopodiché si avviò fuori dalla porta. Era presto, ma il sole già baciava le foglie più basse della radura dove Teo era cresciuto. I fratelli, in fila, attendevano il suo saluto e lui si sentì stringere il cuore dall’emozione quando li baciò uno a uno.

Tutti gli ricordarono di fare attenzione, di portar loro dei regali dal viaggio, ma soprattutto di tornar sano e salvo a casa. Lui promise e ripromise, scherzando su quanto fossero paurosi. Poi guardò la sua mamma. Lei lo osservava dalla porticina della tana e teneva un minuscolo fagottino in braccio, legato a un bastoncello di legno.
«È tutto quello che sono riuscita a procurarti in così poco tempo, figliolo. Tieni». Teo le si avvicinò e l’abbracciò. Poi si mise il fagottino sulle spalle, lieto di non pensare, almeno per quel giorno, a doversi procurare il pranzo.
Felice e commosso salutò tutti con un’altra delle sue zampine. Poi, dopo un ultimo sguardo alla sua casa, s’incamminò, incoraggiato dal sole nascente e avvolto dal coraggio che sapeva di possedere, forte e saldo. Il suo enorme desiderio di conoscenza si stava per realizzare, e chissà quanta strada, quanti ostacoli e imprevisti avrebbe incontrato.
La tana e i suoi fratellini divennero sempre più minuscoli mano a mano che lui si allontanava, e Teo iniziò a non distinguere più tutte quelle zampine che lo salutavano.
Finché girò l’angolo e fu veramente da solo.
Respirò profondamente e si tuffò nella sua avventura.
Il vento era caldo, vellutato. Il cielo terso e il sole tiepido. Ottima partenza per una splendida marcia. Gli alberi così tanto più grandi di lui erano un po’ inquietanti, ma nello stesso tempo protettivi, anche se potevano nascondere animali pericolosi o insidie di altro genere.
Tutto, però, era troppo bello. E l’ignoto non lo spaventava.
Anche se era solo una piccola pulce.

Continua a leggere l’avventura di Teo, Gasparo e Leopoldo alla ricerca delle domande e delle risposte più importanti di sempre… !